sabato 9 settembre 2023

La Cina, la Russia e la lezione del professor Sachs: un democratico americano che preferisce la diplomazia alle guerre


(m.m.) La narrazione secondo cui il grosso del mondo intellettuale occidentale sia acriticamente schierato con la guerra strategica che gli Usa stanno conducendo nei confronti della Cina è vero fino ad un certo punto. Tuttavia pensare che gli schieramenti siano sempre marcati in modo manicheo è fuorviante. Oltre all'esempio del professor Michael Hudson tanto gigantesco quanto semi-sconosciuto in terra italica (di recente se n'è occupata OttolinaTv) ce n'è un altro che merita di essere raccontato: ossia quello quello di Jeffrey Sachs. Di origine ebraica, di orientamento democratico, progressista dalle maniere moderate, consulente delle Nazioni unite, preoccupato per le implicazioni delle attività antropiche sull'ambiente, ordinario ad Harvard, Sachs, il quale è tutto fuori che un sovversivo e che ha tutte le credenziali per essere considerato autorevole sulla grande stampa, è esponente di quella corrente del mondo accademico che storcendo il naso di fronte ad un pezzo della storia Usa, preferisce di gran lunga la via diplomatica alle guerre (militari, economiche o tecnologiche che siano) per gestire il contenzioso nell'ambito dei rapporti internazionali tra stati e tra altri portatori di interesse.

Oltre alla pubblicistica tradizionale per dare voce al suo pensiero Sachs, che non è molto presente nei salotti televisivi Usa, ha dato vita ad un bel blog, dalla grafica pulita, puntualmente popolato dagli articoli dell'accademico newyorkese. Che per inciso sono scritti in un Inglese, piano, comprensibile, lineare, pur a fronte di contenuti rigorosamente scanditi. Siccome spesso forma e sostanza, se si vogliono fare le cose per bene, debbono andare a braccetto e poiché per chiunque abbia a cuore un confronto genuino tra le idee l'origine delle fonti conta, chi impagina i corsivi di Sachs ha ben pensato di affiancare ad ogni pagina web una stampata digitale dell'articolo: in modo che ricercatori, analisti, giornalisti e chiunque abbia la necessità di rapportarsi con quei contenuti lo passa fare in modo ordinato e agevole. È un aspetto che può sembrare marginale ma è la spia di un approccio ai problemi intellettualmente onesto, tipico di chi pur convinto delle proprie idee non si sente di avere la verità in tasca. Il risultato è notevole. I corsivi di Sachs, che è considerato un luminare, vengono puntualmente ripresi su moltissime testate internazionali: quasi mai quelle italiane, ovviamente.

Da questo punto di vista ci sono due aspetti da considerare. Il primo riguarda la piega che ha preso il grosso della stampa cosiddetta mainstream del nostro Paese. È talmente schierata con i diktat che arrivano da un certo mondo atlantista da porsi limiti addirittura più stringenti di quelli che giungono da Oltreoceano: il che meriterebbe mille altre considerazioni. Il secondo aspetto riguarda l'opinione pubblica italiana. La scarsa propensione alla lettura, le difficoltà con una lingua straniera non certo impossibile in una col provincialismo innato di una parte dell'opinione pubblica paiono gli ingredienti di un mix micidiale. Che spesso ci condanna ad una marginalità che in parte è auto-imposta. Curiosità e conoscenza chiedono un prezzo è vero: ma è un prezzo che possiamo permetterci. Dirottare quel poco o quel tanto di attenzione residua da questioni meno serie a questioni più serie è, tutto sommato, ancora alla nostra portata. L'assurdo sta nel fatto che questo piccolo grande passo siano in troppi a rifiutarlo e senza che ci siano ragioni apparenti (sottolineo apparenti): questo è il vero dramma. L'ultimo corsivo di Sachs dedicato alle relazioni commerciali tra Usa e Cina è illuminante. Porta la data del 22 agosto. Il Fatto quotidiano di oggi 9 settembre lo riporta pressoché integralmente in pagina 17 a venti giorni dalla pubblicazione sul blog di Sachs. Nel circuito dell'informazione italiana di quella analisi autorevole però di fatto non c'è traccia. Ovvero non c'è traccia di un dibattito sull'argomento degno di questo nome: che si concordi o meno col docente americano.

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1 commento:

  1. La controinformazione è uno degli strumenti fondamentali per dare voce ad una risposta intelligente e seria alla paccottiglia di notizia e commenti confezionati da una stampa inchinata ai piedi delle multinazionali e dei cosiddetti poteri forti, pronta a raccogliere le banalità delle dichiarazioni di Fubini o Salvini, come cose serie su cui meditare. Apprezzo molto la tua scelta di affiancare un blog personale alla tua ottima attività editoriale.

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